Il “ma-anchismo” è la filosofia costituitiva del modo di presentarsi veltroniano. Non una furbizia, come dicono lividi i suoi detrattori di principio, ma una visione del mondo: tenere insieme, stringere in un’alleanza, smussare gli angoli e le asperità. Spesso però è anche il modo per non prendere una posizione chiara e spesso per poterla cambiare in ragione dell'evoluzione delle cose, dei tempi e delle maggioranze.
In questi giorni sulla vicenda Saipem si è scatenata la saga del ma-anchismo in salsa ogliastrina. Vogliamo la Saipem ma anche il Porto funzionale e produttivo, vogliamo i suoi occupati ma anche quelli della Nautica, vogliamo le gru ma anche essere il posto più bello della Sardegna, vogliamo l'industria pesante ma anche il turismo. Insomma è la rappresentazione plastica dell'incapacita' di assumere decisioni strategiche di programmare il futuro e lo sviluppo del nostro territorio. È il modo d'essere della politica di oggi, dei suoi rappresentanti, di quelli eletti nelle istituzioni. Fare scelte è difficile perché si corre il rischio di sbagliare ma anche, come direbbe qualcuno, perché si corre il rischio di dover studiare. Il ma-anchismo è stato coniato dal PD e in questi giorni ne leggiamo l'applicazione pratica sui quotidiani, in merito al rinnovo della concessione ad Intermare, ma anche delle altre forze politiche locali.
Così non si governa, è vero si raccolgono voti, ma il lascito per il futuro sarà il niente.